Sollevamento aereo, in arrivo i dazi antidumping

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Il 13 novembre 2023 la Commissione Europea annunciava l’apertura di un’inchiesta antidumping sulle importazioni nell’Unione di attrezzature di accesso mobili originarie della Repubblica Popolare Cinese.

L’indagine è stata avviata a seguito di una denuncia presentata dalla «Coalition to restore a level playing field in the EU Mobile Access Equipment Sector» costituita da alcuni fabbricanti di macchine dell’UE, tra cui i francesi Haulotte e Manitou.

Sono stati oggetto di indagini a campione i mezzi mobili semoventi di accesso costruiti per il sollevamento di persone con un’altezza di lavoro massima pari o superiore a 6 metri, incluse le parti preassemblate o pronte per il montaggio, esclusi i singoli componenti presentati separatamente. Non sono stati considerati nell’indagine i mezzi per il sollevamento montati su altri veicoli.

Di tutto questo avevamo dato pronta notizia in un articolo pubblicato pochi giorni dopo l’annuncio, che potete rileggere qui.

Ripercorriamo lo sviluppo delle indagini

Il 15 gennaio e il 12 marzo 2024 i denuncianti hanno chiesto che le importazioni di tali prodotti fossero soggette a registrazione, in modo che si potessero successivamente applicare misure contro tali importazioni a partire dalla data di registrazione.

Il 22 gennaio 2024 la Camera di commercio cinese competente ha presentato osservazioni sulla prima richiesta, sostenendo che non conteneva prove sufficienti dell’aumento delle importazioni.

In particolare, per le importazioni successive all’avvio della richiesta non si era tenuto conto della stagionalità della domanda e del fatto che il mercato non consente importazioni aggiuntive non pianificate o accumulo di scorte.

La Commissione ha respinto queste osservazioni poiché la seconda richiesta di registrazione conteneva prove sufficienti riguardanti l’aumento delle importazioni dopo l’apertura dell’inchiesta, anche tenendo conto della stagionalità.

La Commissione ha quindi ordinato alle autorità doganali di adottare misure opportune per registrare le importazioni, così da poter applicare sanzioni a partire dalla data di registrazione.

Secondo i denuncianti, la registrazione è giustificata in quanto il prodotto in esame è oggetto di dumping e le importazioni a basso prezzo causano un pregiudizio significativo all’industria dell’Unione. La Commissione ha verificato se gli importatori fossero a conoscenza del dumping, della sua portata e del pregiudizio, presunto o accertato.

Ha inoltre verificato l’aumento delle importazioni per non vanificare l’effetto riparatore del dazio antidumping definitivo da applicare.piattaforme aeree dazi antidumping sollevamento

L’esito delle analisi

Secondo la Commissione, la denuncia ha fornito prove sufficienti del fatto che le importazioni erano oggetto di dumping.

Con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea lo scorso 24 maggio, tali informazioni sono state rese pubbliche e la denuncia accessibile a tutti gli importatori.

La Commissione ha pertanto ritenuto che gli importatori fossero a conoscenza, o avrebbero dovuto esserlo, delle pratiche di dumping, della loro portata e del pregiudizio.

Nelle richieste di registrazione, i denuncianti hanno fornito le informazioni disponibili sul mercato secondo le quali, dopo l’avvio del procedimento, le importazioni nell’Unione del prodotto in esame sono aumentate dal 10 al 90 per cento a seconda del tipo di prodotto.

La Commissione ha verificato le statistiche dei volumi delle importazioni per il periodo successivo all’apertura (da dicembre 2023 a marzo 2024). Sulla base del confronto, la Commissione ha stabilito che nel periodo successivo all’apertura (da dicembre 2023 a marzo 2024), il volume delle importazioni è aumentato del 16,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e che le importazioni sono continuate.

Ha pertanto ritenuto un simile aumento delle importazioni sostanziale e, sebbene durante lo stesso periodo il prezzo medio sia leggermente aumentato, risultava ancora inferiore rispetto al periodo dell’inchiesta.

I riflessi delle registrazioni

È quindi acclarato che il volume delle importazioni oggetto di dumping e altre circostanze (come il calo delle vendite, del fatturato, dell’occupazione e dei profitti dell’industria dell’Unione evidenziato nella denuncia e nelle domande di registrazione) sta rischiando di compromettere l’effetto riparatore di eventuali dazi definitivi.

Inoltre, si legge sempre nel documento, è ragionevole supporre che le importazioni del prodotto in esame sarebbero potute aumentare ulteriormente prima dell’adozione di eventuali misure provvisorie e che gli importatori avrebbero rapidamente accumulato scorte.

La Commissione ha concluso che esistono prove sufficienti per giustificare l’assoggettamento a registrazione delle importazioni. Tutte le parti interessate sono state invitate a rendere note le loro osservazioni per iscritto e a fornire prove a sostegno, ma solo se effettivamente sostanziali.

Le affermazioni contenute nella denuncia stimano un margine di dumping medio compreso tra il 178 e il 275,9 per cento, e un margine medio di sotto quotazione del 57,5 per cento.

L’importo dell’eventuale responsabilità futura è fissato proprio al livello di svendita stimato sulla base della denuncia, vale a dire il 57,5 per cento sul valore all’importazione.

Considerazioni generali sui dazi

Permettetemi una riflessione un po’ marginale rispetto al tema centrale dell’articolo.

Il dumping è tornato alla ribalta dell’opinione pubblica in questi giorni per l’applicazione da parte della UE di dazi sull’importazione di auto elettriche prodotte in Cina.

Il 12 giugno, infatti, dopo un’indagine durata otto mesi, l’Europa ha accusato Pechino di concorrenza sleale avendo sovvenzionato in modo scorretto tutto il comparto auto (in particolare Byd) creando di conseguenza un danno economico all’industria automobilistica europea.

Da luglio, alle vetture elettriche cinesi verranno imposte tariffe provvisorie comprese tra il 27,4 e il 48 per cento, rispetto al 10 già applicato. C’è però ancora spazio per negoziare. La tassa definitiva dipenderà da quanto ciascuna azienda sarà disposta a cooperare con l’indagine.

Molti osservatori, e noi tra questi, hanno più volte fatto notare l’estrema confusione politica in cui ha agito l’Unione Europea nell’ultimo decennio.

Inizialmente messa sotto pressione da quello che possiamo chiamare “effetto Greta Thunberg”, l’Europa ha adottato politiche suicide, costringendo i fabbricanti storici di auto e di componenti del continente ad adeguarsi alle scadenze sulla produzione di auto elettriche, ponendo multe pesanti per i ritardi.

Più recentemente, in ossequio ad altre e nuove pressioni – populiste tanto quanto le prime – vista anche la domanda stagnante di mezzi elettrici, queste scadenze sono state messe in discussione.

Nel frattempo, è in atto l’invasione del mercato continentale di auto elettriche a basso prezzo e di batterie a opera dei cinesi. Siamo convinti che ormai non saranno i nuovi dazi, né le goffe reazioni dell’UE, a fermare l’avanzata delle “auto made in China” nel mercato di casa nostra.

Dato che l’auto è un bene di largo consumo, la Cina ha subito annunciato le contromisure: verranno applicati pesanti dazi sull’importazione di carni, latte, vini e formaggi. Con buona pace del mercato globale e pesanti contraccolpi sull’economia dell’Unione europea.

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La chiusura delle indagini nel sollevamento

Torniamo al dumping nel sollevamento.

I commissari europei, dicevamo, si sono presi il tempo necessario per ricevere le valutazioni scritte al fine di definire tassi ritenuti corretti di dazio.

È di questi giorni l’annuncio delle percentuali provvisorie applicate ai singoli produttori che sono stati oggetto di controllo a campione e che hanno collaborato all’indagine: Sinoboom 56,1%; JLG 23,6%; Genie 25,6%; Dingli 31,3%.

Altri produttori che hanno collaborato, ma che non erano inclusi nei controlli a campione, saranno sanzionati tutti al 32 per cento. Fra questi Lingong (LGMG), Haulotte (uno dei denuncianti), LiuGong, Zoomlion (totalmente partecipata dal governo cinese), XCMG, Sunward, Reeslift.

Tutti gli altri produttori non inclusi nei controlli a campione saranno sanzionati con un’imposizione del 56,1 per cento.

Insieme alle percentuali provvisorie di dazio, la Commissione ha chiarito che il gruppo precedentemente elencato come società che non hanno collaborato, si riferiva in realtà a società che non erano state controllate nell’ambito dell’inchiesta iniziale.

Non vi sfuggirà il fatto che anche alcuni produttori occidentali sono stati oggetto di sanzione, ma sul tema torneremo più avanti.

Il caso Sinoboom

Tra gli operatori ha creato sconcerto la pesante sanzione applicata a Sinoboom che, ricordiamo, essendo una società a capitali privati non dovrebbe aver ricevuto aiuti di Stato e, per quel che sappiamo, non sembra aver praticato prezzi alla vendita così tanto inferiori a quelli di alcuni produttori europei che fabbricano in Cina.

Qualcosa di strano nelle indagini, però, pare sia emerso e qualcuno ha rilevato delle anomalie, tipo l’aver preso come termine di paragone i prezzi del mercato brasiliano (?) anziché quelli praticati nel mercato interno cinese.

Un paio di mesi fa avevamo appreso da una fonte attendibile che l’indagine iniziale della Commissione non aveva evidenziato alcun dumping significativo su tutta la linea da parte delle società oggetto di controllo (Sinoboom risultava tra le più trasparenti e collaborative).

Risulta anche che la Commissione sia poi stata informata, in modo non ufficiale, che stava controllando le società sbagliate e che a tale eccezione abbia risposto dicendo che avrebbe esaminato almeno l’eventualità di sussidi di Stato ingiustificati più in generale.

Sinoboom (che nel frattempo ha avviato insediamenti produttivi in Polonia) ha rilasciato una nota ufficiale in cui si dichiara preoccupata e sorpresa riguardo alla tariffa proposta sulle sue importazioni e che sta collaborando ulteriormente con la Commissione per risolvere questa complicata situazione.

Citando il manager di un produttore europeo: “l’attività di dumping non è strettamente legata al modo di affrontare il mercato. Cioè, non è che, se un fabbricante cinese si struttura in Europa si comporta di per sé correttamente o in maniera ineccepibile (termini su cui dovremmo confrontarci per dare un significato concreto); di conseguenza non è detto che non pratichi ‘dumping’ o che debba essere esente da dazi”.

È un’osservazione certamente corretta, alla quale aggiungiamo quella (condivisibile) di un altro top manager europeo, secondo cui: “negli ultimi anni non si è capito più chi è ‘cinese’ e chi non lo è”.

Le nostre considerazioni sul dumping nel sollevamento aereo

Per allargare il quadro si potrebbe far notare che già negli anni scorsi (almeno dal 2008) forme di vantaggio concorrenziale all’interno del mercato continentale sono state messe in atto da alcuni degli stessi costruttori continentali.

Ad esempio, avvalendosi di aiuti di Stato più o meno palesi, in forma di incentivi, sovvenzioni, assicurazioni sul credito e agevolazioni finanziarie di varia natura.

D’accordo, non si trattava di denaro a fondo perduto, e l’Unione è intervenuta successivamente sul tema degli aiuti statali alle industrie nazionali definendo equilibri più rigidi che però, a mio avviso, non hanno prodotto gli effetti desiderati.

Nel frattempo, alcuni produttori occidentali di piattaforme semoventi sono andati a costruire le proprie macchine in Cina, godendo di un sistema di costi più basso e questa è la ragione per cui li vediamo tra i sanzionati.

Viceversa, alcuni produttori cinesi, che hanno preso un po’ più seriamente il loro ruolo strategico globale, hanno aperto insediamenti produttivi in Europa, probabilmente anche per attenuare i dazi che prima o poi sarebbero stati imposti.

manutenzione piattaforme aeree tecniciLo scenario possibile

Per comprendere in modo non superficiale il massiccio incremento delle esportazioni di macchine dalla Cina verso l’Europa, bisogna anche entrare brevemente nelle sue cause strutturali.

La profonda crisi del mercato immobiliare cinese, di fatto imploso tra insolvenze e scandali, ha costretto il governo a dirottare gli investimenti su altri settori industriali.

Se non si costruisce più a ritmi vertiginosi, il mercato interno non assorbe più la produzione di così tante macchine e per smaltirle in altre aree geografiche sono stati messi in campo forti aiuti di Stato.

Tra l’altro, la disponibilità esagerata di macchine, unita al controllo dell’intera supply chain nei lunghi mesi degli shortage, si è rivelato un ulteriore “vantaggio” per i produttori cinesi, che potrebbe aver ulteriormente alterato l’incremento delle importazioni in Europa, oggetto dell’indagine.

Di fatto però, molti clienti (tra cui tanti noleggiatori anche di casa nostra) non si sono fatti troppi scrupoli a comprare lotti consistenti di macchine cinesi, a fronte di una domanda in aumento, di una disponibilità scarsa del prodotto classico e di prezzi clamorosamente allettanti.

Tornando ai dazi, è chiaro che il dumping c’è stato e andava in qualche modo arginato. Ma è altrettanto certo che i dazi non porteranno di per sé a una razionalizzazione del mercato europeo, e nemmeno favoriranno l’integrazione dei player cinesi più strutturati.

A rigor di logica potrebbe essere vero il contrario: calando i margini, per competere ci potrebbe essere bisogno di tagliare ulteriormente i costi.

Senza contare che per i noleggiatori è un’ulteriore tegola, dato che si vedranno aumentare di molto i prezzi delle macchine di cui hanno sempre bisogno.

Dovranno recitare il “mea culpa” dato che non hanno mai abituato il cliente finale a pagare questi sbalzi fisiologici di mercato.

Il futuro del sollevamento europeo

Ciò che tutti si auspicano è che i dazi possano rappresentare comunque un deterrente in vista di una nuova e più equilibrata organizzazione del mercato.

E, ovviamente, che siano commisurati in modo equo, trasparente e ineccepibile, per non portare danno all’intera industria (e filiera) del sollevamento.

Nel frattempo, assistiamo ad alcune interessanti strategie in Europa da parte dei produttori occidentali, allo scopo di creare una filiera produttiva più corta: l’acquisizione di Hinowa da parte di Oshkosh Corporation (JLG) è l’esempio lampante. Un esempio che potrebbe dare luogo ad altre acquisizioni eclatanti a strettissimo giro.

Qui entra in gioco un’altra riflessione, quella sul futuro incerto del Made in Italy: i produttori italiani nel settore sono molti e, per quanto alcuni siano già stati oggetto di acquisizioni da parte di grandi player industriali o finanziari, altri sono palesemente nel mirino.

Da un lato, una più solida concentrazione potrebbe velocizzare e completare il passaggio del settore da un insieme di piccoli player a industria vera e propria.

Dall’altra, il trasferimento in Europa della produzione per il mercato continentale da parte dei cinesi che hanno intenzioni serie, potrebbe favorire una ulteriore selezione darwiniana e imprimere un effetto trascinamento per il ritorno completo della produzione nel continente anche da parte degli occidentali stessi, ora transfughi in oriente sottotraccia.

A quel punto si creerebbe una vera competizione, più sana, slegata dal prezzo e più focalizzata su contenuti, sviluppo tecnologico e servizi.

Certo, gli imprenditori italiani dovrebbero cominciare a pensare in modo radicalmente diverso e, soprattutto, i nostri governanti smetterla di drogare le vendite con incentivi “punto zero” gettati a pioggia nel mercato con regolamenti attuativi al limite del ridicolo.

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